SAI RICONOSCERE UNA PERSONA CHE MENTE..?

Visualizzazione post con etichetta comunicazione. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta comunicazione. Mostra tutti i post

martedì 24 maggio 2011

LA PIANIFICAZIONE MENTALE DELLA MENZOGNA


Per dire una menzogna occorre pianificarla a un qualche livello mentale. Già Platone affermava che “il falso che si genera nei discorsi deriva dal falso che si genera nella mente, ed entrambi derivano dal pensare o dire ciò che non è”.
Ma c’è menzogna e menzogna,poiché ci troviamo di fronte a una realtà eterogenea e che cambia forma ogni momento.
Quindi possiamo distinguere fra  menzogne a basso rischio, menzogne ad alto rischio.
Menzogne a basso rischio: è la menzogna della vita quotidiana,detta nel corso delle conversazioni comuni,non particolarmente rilevante sul piano interpersonale. Si tratta di una forma ingannevole assai diffusa e frequente, che comporta uno sforzo cognitivo limitato nella pianificazione e nella comunicazione, e per la quale non ci si preoccupa più di tanto se si viene scoperti.
Generalmente in queste situazioni si aspetta di essere creduti e, di fatto, ciò avviene in molti casi. Il livello di tensione è piuttosto ridotto prima, durante e dopo questa condotta ingannevole.
L’impegno cognitivo ed emotivo nella menzogna a basso rischio colloca lo spazio comunicativo fra due interlocutori che è governato da un sistema di regole manovrate da entrambi, in cui ciascuno di essi può essere influenzato dall’altro in modo ricorsivo.
La comunicazione è un processo continuo che non è ritualizzato né controllato in modo esclusivo da uno dei due attori, ma è creato dalla dinamica delle reciproche mosse, da cui si formano le qualità emergenti della relazione. Queste ultime non sono né prevedibili ne deducibili dai precedenti scambi  degli attori.
L’impegno cognitivo della menzogna a basso rischio è piuttosto limitato, in quanto implica processi standard e abitudinari del pensiero.
L’intenzione comunicativa sottesa alla menzogna a basso rischio risulta essere una intenzione di secondo ordine. Per mentire il mentitore, deve avere delle credenze sulle credenze (sentimenti, idee  ecc.) del destinatario, del tipo:
“credo che, se dico X (falso), l’interlocutore non si offende”.
Questa credenza implica la presenza della credenza opposta:
“credo che, se dico non -  X (vero),l’interlocutore può offendersi”.
Come conseguenza di questa riflessione il parlante decide di dire X (falso).
L’attivazione emotiva che accompagna la menzogna a basso rischio è piuttosto limitata. Il mentitore che la menzogna detta sia di piccolo conto e che facilmente potrà essere creduta e accettata dall’interlocutore.
Altrettanto non si preoccupa eccessivamente per l’eventualità di venire scoperto nella sua condotta ingannevole. Infatti se fosse scoperto, egli potrebbe sempre addurre una giustificazione di qualche genere o rifugiarsi dietro le regole della convenienza sociale e della cortesia.

L’impegno cognitivo nella menzogna ad alto rischio

La menzogna ad alto rischio di norma è una menzogna preparata e prevista in anticipo, che comporta una elevata posta in gioco.
Risulta quindi necessaria un’attenta operazione di pianificazione mentale per confezionare un messaggio menzognero che risulti coerente e compatibile con le conoscenze sia generali sia locali (contestuali) del destinatario, come se fosse vero o, quanto meno, probabile. Si tratta di un impegno cognitivo, rilevante,
poiché in questo caso il mentitore conosce il vero (che non dice) ma pubblicamente dice il falso, a cui egli non crede ma deve fare in modo che l’interlocutore pensi che lui ci creda. Di conseguenza il mentitore, oltre a fabbricare e a organizzare il falso nella sua mente, deve apparire spontaneo il più possibile nella comunicazione del messaggio menzognero per essere creduto. In questo processo egli deve saper gestire al meglio l’interazione con il destinatario, controllando il suo eloquio, la costruzione delle frasi e i suoi sistemi non verbali di segnalazione, al fine di evitare ogni possibile incongruenza fra il verbale e il non verbale.
La menzogna ad alto rischio comporta una elevata complessità intenzionale, in quanto esisto livelli differenti intenzionale che interagiscoscono simultaneamente.
In particolare abbiamo:
1) L’intenzione nascosta (o latente): il parlante intende ingannare l’interlocutore manipolandolo e falsificando l’informazione ma tale intenzione non deve trapelare.
2) L’intenzione manifesta (o apparente) il parlante intende trasmettere al suo interlocutore l’informazione manipolata e falsificata. 
Quest’ultima intenzione si articola ulteriormente in:
a)      intenzione informativa: il  parlante desidera che l’interlocutore accolga l’informazione manipolata trasmessa come se fosse vera.
b)      Intenzione di sincerità: il parlante desidera che interlocutore creda che ciò che egli ha detto è vero, al fine di rispettare la “regola di sincerità” sottesa agli scambi comunicativi in generale, secondo la quale”desidero che tu creda che io credo a quello che io sto dicendo”.
Di conseguenza, la menzogna ad alto rischio richiede almeno un’intenzione di terzo ordine.
Per confezionare una menzogna ad alto rischio il mentitore deve riuscire a dominare una quantità di informazioni false e deve renderle compatibili con le informazioni recenti e pregresse a disposizione dell’interlocutore, nonché con i vincoli posti dalla situazione contingente e dal contesto.
In questi casi il mentitore deve riuscire a identificare bene e a immedesimarsi con il punto di vista e con l’enciclopedia delle conoscenze possedute dal destinatario. In tal modo egli riesce a creare un alibi e una giustificazione attendibile rispetto a quanto sta affermando. Inoltre, egli deve riuscire a comunicare la menzogna ad alto rischio in modo credibile, si tratta di un’impresa tutt’altro che facile. Infatti, è molto probabile che il consistente impegno cognitivo richiesto dalla menzogna ad alto rischio si manifesti all’esterno attraverso i cosiddetti “indizi di smascheramento”. E’ evidente altresì che tale carico cognitivo dipende dall’atteggiamento dell’interlocutore, poiché  un conto è trovarsi di fronte un’interlocutore acquiescente e passivo (posizione vittima) e un conto è trovarsi a intergire con interlocutore sospettoso e inquisitivo (posizione indagatore).

La menzogna sulla menzogna

La menzogna ad alto rischio consente di porre in evidenza che la menzogna è un processo ricorsivo in un gioco senza fine.
 Non soltanto è possibile mentire ma si può mentire di mentire. Dice Aristofane nelle  Ecclesiazuse,
la donna non si farà mai ingannare,perchè è troppo abituata a ingannare lei stessa”.
Pensiamo alle menzogne dette dalle spie. Nello spionaggio e controspionaggio, dove le informazioni vere e quelle false si mescolano in continuazione senza alcuna discontinuità, la spia più abile è quella  che sa “tagliare” la menzogna su misura delle convinzioni, dei desideri e delle aspettative del destinatario.
Quanto più sarà in linea con questa realtà, tanto più credibile, poiché gli essere umani sono più disposti
- per principio – a credere ai propri errori che alla verità altrui.
E’ evidente che l’inganno sull’inganno non si limita al solo mondo dello spionaggio, ma può riguardare anche altri ambiti, come la politica, l’attività industriale, la vita coniugale ecc.
In alcune ricerche eseguite sulla menzogna in materia di sesso, emerge che i soggetti mentono a questo proposito più con i partner occasionali che con quelli stabili. In particolare, le menzogne sessuali sono più frequenti con quei partner dai quali si crede essere traditi e che, a loro volta, dicono menzogne in questo campo, in un gioco reciproco di infedeltà e di tradimenti. Inoltre, i soggetti che raccontano un numero elevato di menzogne sessuali, sono altresì quelli che hanno avuto storie sessuali più rischiose e che hanno un comportamento menzognero persistente anche in altri ambiti della loro vita.

martedì 10 maggio 2011

LA TELA DI RAGNO DELLE MENZOGNE


Le  varie forme di menzogna finora considerate pongono in evidenza che falsità e verità vanno a braccetto e che non occorre dire il falso per ingannare.
Amava ripetere Montaigne " la verita e la menzogna hanno volti conformi,portamento, gusto e andatura simili, e noi le guardiamo con il medesimo occhio".
A livello di interazione e sul piano della comunicazione questa condizione è resa possibile dalla grande flessibilità e malleabilità del significato. Nel medesimo tempo infatti, esso è caratterizzato da aspetti di prevedibilità (che assicurano la stabilità semantica degli enunciati) e da aspetti di imprevedibilità (che sono fonte di innovazione, di ignoto e di negoziazione). Il significato non è l’ovvio né lo scontato, anche se vi sono aspetti automatici nella comunicazione umana, ma lascia notevoli margini all’implicito e al sottointeso, al vago e all’indeterminato, oltre che all’imprevisto.  Di conseguenza le persone possono fare ricorso a un ampio spettro di modalità indirette e implicite per comunicare e trasmettere ciò che vogliono dire attraverso l’opacità comunicativa, ossia la copertura delle proprie intenzioni.
In base a queste possibilità i mentitori hanno a disposizione molti strumenti comunicativi per ingannare i propri interlocutori.
Essi possono far ricorso :
Insinuazioni:che consistono nel far  inferire  una valutazione negativa da parte  dell’interlocutore qualcun altro.
Calunnie: sono menzogne caratterizzate da una valutazione negativa della vittima in modo da compromettere la reputazione.
Allusioni: che consistono nel far riferimento a qualche conoscenza che l’interlocutore già possiede, senza tuttavia nominarla.
Mezze verità: in cui si tratta di accennare soltanto ai fatti lasciando che il destinatario completi la situazione.
Confusione: in cui i messaggi risultano essere contraddittori e privi di connessioni logiche coerenti.
Mistificazione: è una situazione in cui chi  è in una posizione di potere attribuisce a chi è in una condizione di subordinazione intenzioni,sentimenti,desideri e convinzioni, tutte attribuzioni false.

giovedì 21 aprile 2011

MENZOGNE E SEGRETI


Un’ultima distinzione da affrontare è quella fra menzogna e segreto.
Entrambe queste situazioni hanno a che fare con l’occultamento intenzionale di informazioni.
In realtà sia chi tiene un segreto, sia chi dice una bugia, non rileva in modo intenzionale una informazione.
Pur  tuttavia sappiamo tutti che, un conto è tenere un segreto e un conto è dire una menzogna.
 Dove sta la differenza fra questi due processi comunicativi?
In linea di principio, il segreto è una conoscenza che (James Bond) non intende far sapere a (Gheddafi)  poiché si sente in diritto di non fargliela sapere. Tale diritto concerne soprattutto certi ambiti della propria vita personale( come la privacy e il diritto di difesa) e sociale ( come il segreto professionale o il segreto di stato).
Tuttavia, il diritto a tenere un segreto entra in competizione con il diritto a sapere da parte dell’interlocutore.
Per esempio il giudice ha il diritto di sciogliere il segreto professionale in udienze riservate e nei casi previsti dalla legge.
In questa prospettiva il segreto è il risultato di un processo di negoziazione fra il diritto a tacere di un testimone e il diritto a conoscere del giudice.
Di conseguenza, il segreto può diventare una menzogna quando il testimone non ha diritto di tacere e il giudice ha il diritto a conoscere.
In tal caso, il segreto si trasforma in omissione di informazioni, che è un classico  esempio di inganno e menzogna.
Le proprietà essenziali dell’atto di mentire sono tre:
a.       la falsità del contenuto di quanto viene comunicato in modo linguistico o extralinguistico;
b.      la consapevolezza di tale falsità;
c.       l’intenzione di ingannare il destinatario
L’intenzione di ingannare consiste nel fare in modo che il destinatario creda a ciò che il parlante sa di non essere vero.
a.       AA inganna BB dicendo l’enunciato π soltanto sé….
b.      AA conosce che π è falso (e che non π è BB a condividere e a credere che π è vero)
c.       AA intende ingannare BB
La menzogna è un atto comunicativo consapevole.
In noi, esseri umani una menzogna inconsapevole non esiste.
Occorre che il mentitore comunichi all’interlocutore una conoscenza “non vera
Ciò avviene solamente in due casi:
a.       far credere il falso
b.      non far credere il vero